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Capire il significato dello Smart Working non è immediato e nemmeno così intuitivo. In Italia se ne sente sempre più spesso parlare, e l’attenzione verso modalità di lavoro “smart” sta crescendo. Secondo i risultati dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano il 58% delle grandi imprese ha già introdotto iniziative concrete. Tra i risultati più interessanti dell’ultimo anno emerge l’aumento della diffusione dello Smart Working nelle PMI italiane. I progetti strutturati sono passati dall’8% al 12% attuale, quelli informali dal 16% al 18%.

Tuttavia, c’è anche un’ombra: anche la percentuale di imprese disinteressate al tema è cresciuta, in modo preoccupante, passando dal 38% al 51%. Anche la PA nell’ultimo anno ha fatto grandi passi in avanti verso un modello di lavoro “smart”. Oggi il 16% delle pubbliche amministrazioni ha progetti strutturati di lavoro agile (nel 2018 era l’8% e nel 2017 il 5%). L’1% ha attivato iniziative informali e un altro 8% prevede progetti dal prossimo anno.

Cos’è lo Smart Working

Ma che cosa è lo Smart Working? In italiano il significato di Smart Working è “lavoro intelligente”. L’Osservatorio del Politecnico di Milano lo definisce”una nuova filosofia manageriale fondata sulla restituzione alle persone di flessibilità e autonomia nella scelta degli spazi, degli orari e degli strumenti da utilizzare a fronte di una maggiore responsabilizzazione sui risultati”.

Come sottolinea Emanuele Madini, Associate Partner di P4I-Partners4Innovation ed esperto di Smart Working ed HR Transformation, «lo Smart Working è un modello organizzativo che interviene nel rapporto tra individuo e azienda. Propone autonomia nelle modalità di lavoro a fronte del raggiungimento dei risultati. Presuppone il ripensamento “intelligente” delle modalità con cui si svolgono le attività lavorative anche all’interno degli spazi aziendali. Rimuovendo vincoli e modelli inadeguati legati a concetti di postazione fissa, open space e ufficio singolo che mal si sposano con i principi di personalizzazione, flessibilità e virtualità».

Il Ministero del Lavoro

Per il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, «lo Smart Working (o Lavoro Agile) è una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato. Caratterizzato dall’assenza di vincoli orari o spaziali un’organizzazione per fasi, cicli e obiettivi, stabilita mediante accordo tra dipendente e datore di lavoro; una modalità che aiuta il lavoratore a conciliare i tempi di vita e lavoro e, al contempo, favorire la crescita della sua produttività».

Lo Smart Working non è però una semplice iniziativa di work-life balance e welfare aziendale per le persone. Si innesca in un percorso di profondo cambiamento culturale e richiede un’evoluzione dei modelli organizzativi aziendali. Per cui si deve prevedere una roadmap dettagliata fase per fase. Bisogna sempre ricordare, infatti, che è un progetto intrinsecamente multidisciplinare, che presuppone una governance integrata tra gli attori coinvolti.

Come funziona lo Smart Working: le leve di progettazione

Un progetto di Smart Working è quindi un processo di cambiamento complesso che richiede di agire contemporaneamente su più leve. Deve partire da un’attenta considerazione degli obiettivi, delle priorità e delle peculiarità tecnologiche, culturali e manageriali dell’organizzazione.

Inteso come nuovo modo di lavorare che consente un miglior bilanciamento tra qualità della vita e produttività individuale. È quindi anche il risultato di un sapiente uso dell’innovazione digitale a supporto di approcci strategici. Essi puntano sull’integrazione e sulla collaborazione tra le persone, in particolare, e tra le organizzazioni, in generale. In tutto questo la tecnologia gioca un ruolo chiave. Quando si parla di Digital Transformation nei luoghi di lavoro si pensa anche all’applicazione di tecnologie avanzate per connettere persone, spazi, oggetti ai processi di business. Con l’obiettivo di aumentare la produttività, innovare, coinvolgere persone e gruppi di lavoro.

Bisogna comunque sempre tener presente che adottare lo Smart Working non vuol dire soltanto lavorare da casa e utilizzare le nuove tecnologie. Lo Smart Working non è il telelavoro è anche, e soprattutto, un paradigma che prevede la revisione del modello di leadership e dell’organizzazione. Rafforzando il concetto di collaborazione e favorendo la condivisione di spazi. Nell’ottica smart, il concetto di ufficio diventa ‘aperto’, il vero spazio lavorativo è quello che favorisce la creatività delle persone. Genera relazioni che oltrepassano i confini aziendali, stimola nuove idee e quindi nuovo business.

Per poter dare concretezza ai principi organizzativi dello Smart Working, occorre creare iniziative congiunte e coerenti afferenti a quattro leve di progettazione che hanno interlocutori aziendali diversi. Le iniziative più mature di Smart Working richiedono di agire su tutte e quattro le leve. Tuttavia la priorità con cui vengono attivate dipende dalle esigenze e dalle motivazioni che portano le organizzazioni a intraprendere il percorso verso lo Smart Working».

Le Policy Organizzative

Secondo il modello proposto da P4I, una delle leve è quella legata alle policy organizzative. Ovvero le regole e linee guida relative alla flessibilità di orario (inizio, fine e durata complessiva), di luogo di lavoro e alla possibilità di scegliere e personalizzare i propri strumenti di lavoro. Poi ci sono le tecnologie digitali che, in funzione della loro qualità e diffusione, possono ampliare e rendere virtuale lo spazio di lavoro. Abilitare e supportare nuovi modi di lavorare, facilitare la comunicazione, la collaborazione e la creazione di network di relazioni professionali tra colleghi e con figure esterne all’organizzazione.

Anche il layout fisico degli spazi di lavoro, inteso come configurazione degli spazi, ha un impatto significativo sulle modalità di lavoro delle persone. Può condizionarne l’efficienza, l’efficacia e il benessere delle persone nel contesto lavorativo. La progettazione degli ambienti è fondamentale per garantire alle persone di lavorare in un luogo che soddisfi le loro necessità professionali. Lo Smart Working non è praticabile solo fuori dall’ufficio (con Copernico abbiamo trattato questo argomento nell’ebook “Smart Working: 4 aziende a cui ispirarsi“).

Infine, come già accennato, ci sono i comportamenti e gli stili di leadership, legati sia alla cultura dei lavoratori e al loro modo di “vivere” il lavoro, sia all’approccio da parte dei capi all’esercizio dell’autorità e del controllo. Se da un lato infatti il “sottoposto” deve prendere responsabilità, dall’altro per i capi diventa prioritario il tema della gestione dell’ansia. In particolare l’ansia da prestazione e capire come misurare le performance dello staff.

Lo Smart Working regolato per legge in Italia

Anche le istituzioni sono ormai consapevoli dell’importanza che ha oggi dare la possibilità ai dipendenti di lavorare in modo flessibile rispetto al luogo e all’orario attraverso l’uso delle tecnologie digitali. Proprio in virtù degli effetti positivi riscontrati in termine di qualità di lavoro in smart working e di work-life balance. Lo testimonia l’entrata in vigore, nel giugno 2017, della legge 81/2017. Il Jobs Act sul lavoro autonomo recante «Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato», che disciplina il lavoro agile in Italia.

Su tutto questo, nel nostro Paese, si è innestato anche un importante cambiamento di tipo legislativo. Il 10 maggio 2017, il Senato della Repubblica ha infatti approvato in via definitiva il testo del Disegno di legge AC. N. 2233B che disciplina  lo Smart Working, definito, “l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato”. È vero, il legislatore ha affrontato il tema dello Smart Working dal punto di vista dei luoghi e degli spazi deputati allo svolgimento delle proprie mansioni. Non vi è dubbio che anche in ragione del nuovo quadro normativo si stanno aprendo nuove prospettive. In termini di gestione dei dipendenti e dei flussi di lavoro, delle comunicazioni e delle filiere.

Secondo gli Studi:

Secondo l’Osservatorio del Politecnico di Milano, a un anno dall’entrata in vigore della legge sul Lavoro Agile, nella PA. Tra chi ha avviato progetti strutturati di Smart Working, ben il 60% lo ha fatto su stimolo della normativa, mentre solo il 23% degli enti pubblici aveva già pianificato di introdurre il Lavoro Agile prima dell’evoluzione della normativa. Tra le imprese invece la situazione è ben diversa. Appena il 17% di chi fa Smart Working ritiene la normativa uno stimolo. Mentre l’82% delle grandi imprese e il 76% delle PMI lo aveva già introdotto o pensato di farlo prima ancora della legge.

Tra le grandi imprese solo il 6% trova positivo l’impatto della legge. Il 49% lo ritiene nullo e il 45% addirittura negativo. Principalmente per la complicazione dei processi di trasmissione delle comunicazioni e l’adeguamento degli accordi individuali e delle policy. Più divisa sul tema la PA: per il 27% l’impatto è positivo, per il 43% nullo e per il 30% negativo.

Con la legge di Bilancio 2019, n. 145 del 30 dicembre 2018, è stato modificato l’articolo 18 del c.d. Jobs Act, inserendo il comma 3-bis secondo cui il datore di lavoro che stipula accordi per l’esecuzione della prestazione di lavoro in modalità agile, deve dare priorità alle richieste di Smart Working formulate dalle lavoratrici nei tre anni successivi alla conclusione del periodo di congedo obbligatorio di maternità e a quelle dei lavoratori con figli in condizioni di disabilità. In tal modo opera un vincolo al potere datoriale non solo nell’ambito della stipula del singolo accordo di lavoro agile ma, più in generale, a livello del potere/diritto di organizzazione di impresa e della gestione del personale.

Lavoro da remoto: ecco come impostare velocemente una strategia a distanza

Da un po’ di tempo, complice anche la pandemia di Coronavirus (COVID-19) e il lockdown previsto dal Governo per ridurre il rischio di contagio, molte aziende hanno dovuto in poco tempo attivare tutte le leve necessarie per permettere alle persone di lavorare da casa. Il problema è che il remote working non si può improvvisare, diventare un’azienda “full remote” richiede tempo: ecco perché oggi che invece sono richieste risposte veloci, economiche e stabili, è fondamentale aver ben presenti alcuni capisaldi per non trovarsi nella condizione di sperimentare solo i lati peggiori del lavoro a distanza. Nel farlo è importante pensare di mettersi sia nei panni dell’azienda che decide di adottare l’approccio “full remote” (anche solo in alcuni uffici o paesi, per alcune settimane o più, ndr), sia nei panni degli individui, come suggerisce un articolo uscito qualche giorno fa.

Il punto di vista dell’azienda

Approntare una Setup Checklist per capire cosa serve per mettere le persone nelle condizioni di lavorare da casa. Capita molte aziende abbiamo già in casa gli strumenti giusti e quindi di fatto sono “remote ready”: in questi scenari il cambiamento sarà quindi strutturale, ma bisognerà agire soprattutto su cultura e policy. In particolare bisogna verificare di avere:

  •  uno strumento di comunicazione sincrona, per permettere alle persone di confrontarsi, porre domande veloce o chiedere un chiarimento. Si tratta per esempio di strumenti come Slack, Microsoft Teams, Hangout, Skype;
  • uno strumento di comunicazione asincrona, che consenta di scrivere contenuti più strutturati, generalmente pubblicati in ordine cronologico. Si tratta per esempio di strumenti come Basecamp, WordPress, Yammer, Workplace by Facebook;
  • uno strumento che consenta l’archiviazione di documenti, immagini, file, ecc.. Si tratta di strumenti come Dropbox e Google Drive;
  • uno tool per le videoconferenze, come Zoom, Hangouts Meet, Skype;
  • una lista delle attività che generalmente richiedono la presenza per comprendere se e come “remotizzarle”;
  • una lista delle policy di sicurezza e ripensarle aggiornandole in chiave remote working

Come organizzare lo Smart Working

  1. Pensare alla dotazione IT per tempo
  2. Comprendere come passare dalle riunioni fisiche alle call e ai meeting virtuali.
  3. Indennità: workspace e Internet.
  4. Task e Project Management.
  5. Raccogliere e sistematizzare le richieste di chi lavora da remoto.
  6. Gestire le paure del management.

Il punto di vista dell’individuo

  1. Impostare lo spazio di lavoro in Smart Working.
  2. Definire dei rituali di inizio e fine.
  3. Configurare e posizionare bene la fotocamera.
  4. Limitare le distrazioni e le interruzioni.
  5. Ricordarsi di tracciare quello che è stato deciso.
  6. Ridurre il numero di riunioni.
  7. Individuare degli spazi di socializzazione.
  8. Far sentire la propria presenza e la disponibilità all’interno del team.

Perché lo Smart Working conviene alle imprese (e non solo)

Lo smartworking, in estrema sintesi, è una nuova dimensione del lavoro che – sfruttando la Mobility, la Unified Communication & Collaboration e il social computing – da un lato favorisce la produttività individuale e la continuità operativa dell’utente (e quindi del business), e, dall’altro, permette una significativa flessibilità rispetto al posto di lavoro. La chiave di volta? Cambiare i concetti di fruizione del tempo e dello spazio per favorire nuovi modelli di lavoro più efficaci ed efficienti.

Come si è accennato in precedenza, una della principali caratteristiche dello Smart Working è il forte cambiamento culturale. Secondo Madini: «Lo Smart Working presuppone un profondo cambiamento organizzativo e culturale necessario per superare modelli di organizzazione del lavoro tradizionali. Restituire alle persone una maggiore flessibilità e autonomia nella scelta degli spazi, degli orari di lavoro e degli strumenti da utilizzare per svolgere le proprie attività lavorative significa creare organizzazioni più flessibili, introdurre approcci di empowerment, delega e responsabilizzazione delle persone sui risultati, favorire la crescita dei talenti e l’innovazione diffusa».

Le persone sono oggi pronte al cambiamento, complice anche la diffusione dello smartphone che consente di comunicare, lavorare, rimanere connessi in mobilità. Il livello di disponibilità all’interazione digitale ha innescato una nuova curva di apprendimento spontanea delle persone, che oggi arrivano in azienda con un livello di preparazione e disponibilità all’innovazione un tempo inimmaginabili.

Approfondimenti

Entrando più in dettaglio, l’adozione di un modello “maturo” di Smart Working può produrre un incremento di produttività pari a circa il 15% per lavoratore, secondo le più recenti rilevazioni dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano. Volendo proiettare l’impatto a livello di Sistema Paese, considerando che il lavoratori che potrebbero fare Smart Working sono almeno 5 milioni (circa il 22% del totale degli occupati) e che gli Smart Worker ad oggi sono 305mila, l’effetto dell’incremento della produttività media in Italia si può stimare intorno ai 13,7 miliardi di euro, ipotizzando che la pervasività dello Smart Working possa arrivare al 70% dei lavoratori potenziali.

Ma i benefici non sono solo per le imprese. Per i lavoratori, anche una sola giornata a settimana di remote working può far risparmiare in media 40 ore all’anno di spostamenti e per l’ambiente, invece, determina una riduzione di emissioni pari a 135 kg di CO2 all’anno, considerando che in media le persone percorrono circa 40 chilometri per recarsi al lavoro e ipotizzando che facciano un giorno a casa di lavoro da remoto.

La tecnologia che abilita lo Smart Working

A rendere possibile lo Smart Working sono le tecnologie digitali che permettono di scegliere il dove e quando lavorare, sia all’interno che all’esterno dell’organizzazione. Le tecnologie che supportano il lavoro da remoto sono già diffuse. Secondo quanto rilevato dall’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano le soluzioni a maggiore penetrazione sono quelle a supporto della sicurezza e dell’accessibilità dei dati da remoto e da diversi device (95%), seguite dalle iniziative di Mobility, che prevedono la presenza di device mobili e mobile business app (82%) e dai servizi di Social Collaboration (61%).

Di fatto, gli italiani oggi comunicano attraverso una pluralità di dispositivi proprietari e aziendali. Il Bring Your Own Device (BYOD), un tempo avversato in azienda, è diventato il driver principale del lavoro agile. Anzi, non c’è smartworking senza Enterprise Mobility Management: secondo l’Osservatorio è oggi il 14% delle organizzazioni ad averlo adottato. Di conseguenza, cresce l’esigenza di definire le politiche di gestione rispetto alla pluralità di dispositivi fissi e mobili utilizzati delle risorse che lavorano o collaborano con le organizzazioni. La business continuity, infatti, dipende sia dalla governance dei sistemi e dalla loro messa in sicurezza, sia dalla garanzia dei servizi che assicurano massima produttività individuale alle persone che lavorano.

I termini di dotazione tecnologica

In termini di dotazione tecnologica, quella standard per consentire il lavorare da remoto generalmente si compone di PC portatile (con microfoni e webcam), VPN, connessione, software aziendali e servizi di social collaboration. Solo quando necessari vengono introdotti device mobili come smartphone e tablet.

Dunque gestire la mobility è il primo passo delle aziende che vogliono fare Smart Working. Secondo le cifre dell’Osservatorio rispetto ai dipendenti sempre presenti in ufficio è mediamente più produttivo (nell’ordine di un + 35-45%) chi lavora con orari flessibili. Questo perché il lavoro agile promuove la produttività individuale indipendentemente dal fatto di essere sempre presenti all’interno dell’azienda e fa assentare dal lavoro un tempo inferiore. Circa il 63% in meno di chi svolge il suo lavoro in maniera tradizionale.

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